I dati Eurispes e Istat 2024 sulla popolazione anziana.

L’invecchiamento della popolazione nel nostro Paese si caratterizza come un fenomeno sociale dalle peculiarità particolarmente articolate. Questo è il risultato di diversi fattori, tra cui l’aumento dell’aspettativa di vita, la diminuzione del tasso di fertilità e l’emigrazione dei giovani in cerca di migliori opportunità lavorative all’estero. Queste tendenze demografiche hanno contribuito ad un rapido cambiamento nella struttura dell’età della popolazione italiana.

 

Con un numero maggiore di anziani che vivono più a lungo e spesso in solitudine, si assiste a una crescente domanda di servizi a supporto per gli anziani, sia da parte delle Istituzioni pubbliche che della società civile.

 

Secondo l’Istat, la quota degli ultraottantenni in Italia è quasi raddoppiata tra il 2001 e il 2020: la loro quota è quasi del 6% nel 2020, mentre era del 3,4% nel 2001.

 

Il numero stimato di ultracentenari raggiunge il suo più alto livello storico, sfiorando la soglia delle 22mila unità nel 2023, oltre 2mila in più rispetto al 2022.

 

Inoltre, i 15 - 64enni scendono a 37 milioni 339mila (il 63,4% della popolazione totale), mentre gli under 14 sono 7 milioni 334mila (il 12,5%).

 

Nel 2041 la popolazione ultraottantenne supererà i 6 milioni; quella degli ultranovantenni arriverà a 1,4 milioni.

 

Sul piano internazionale, osservando invece la quota di persone di 65 anni e oltre sulla popolazione totale, l’Italia (23%), la Grecia, la Finlandia, il Portogallo, la Germania e la Bulgaria (tutti al 22%) avevano le quote più alte, mentre l’Irlanda (14%) e il Lussemburgo (15%) avevano quelle più basse.

 

In Italia, nel 2020 il 21% della popolazione aveva 65 anni e oltre, rispetto al 16% del 2001, con un aumento di 5 punti percentuali. D’altra parte, la quota dei giovani (da 0 a 19 anni) nell’Ue era del 20% nel 2020, una diminuzione di 3 punti percentuali rispetto al 23% nel 2001 (Istat, 2023).

Rispetto al fattore territoriale, al 31 dicembre 2022, dei 7.904 comuni italiani, 4.070 fanno parte delle aree centrali (51,5%) e 3.834 delle aree interne (48,5%). Tra il 1° gennaio 2002 e il 1° gennaio 2023 la popolazione delle aree interne è diminuita, passando dal 23,9% al 22,7% della popolazione totale. Il declino demografico nelle aree interne si osserva già dal 2011, mentre nelle aree centrali dal 2015.

 

Le rappresentazioni sociali degli anziani nella società italiana sono influenzate da una complessa interazione di fattori culturali, sociali e storici (Colella, 2019).

Tradizionalmente, gli anziani sono considerati soggetti portatori di saggezza nelle nostre comunità, meritevoli di grande rispetto. Gli anziani spesso occupano un ruolo centrale in àmbito familiare poiché figure autorevoli, consiglieri e fornitori di sostegno emotivo. Tuttavia, è possibile riferirsi anche a rappresentazioni stereotipiche negative riguardo alla terza età come l’idea che gli anziani siano deboli, malati, inutili (non produttivi) o mentalmente non attendibili. Le rappresentazioni sociali degli anziani possono influenzare la loro partecipazione sociale.

 

Custodi della memoria collettiva e simboli dell’immaginario sociale.

I cambiamenti culturali, economici e sociali riflettono una trasformazione dell’immaginario sociale associato agli anziani e al loro ruolo nella società. Questi cambiamenti possono influenzare la percezione e la rappresentazione degli anziani, sia da parte della società nel suo complesso che a livello individuale. Gli anziani possono essere considerati come custodi della memoria collettiva di una comunità, di un gruppo, di una società. La loro presenza e le loro storie contribuiscono, dunque, a mantenere viva la memoria collettiva e a preservare l’identità culturale di una comunità.

 

Inoltre, gli anziani possono incarnare simboli e archetipi nell’immaginario collettivo.

 

"Per essere bisogna essere stati.".

Fernand Braudel.

 

In sintesi, gli anziani possono rappresentare un elemento cruciale nell’interconnessione dei temi della memoria collettiva, dell’immaginario e della cultura.

 

La loro presenza e le loro esperienze contribuiscono a preservare e trasmettere la memoria collettiva, a modellare l’immaginario sociale e ad arricchire la cultura di una società.

 

 

Dunque vigiliamo acchè le Istituzioni li tutelino concretamente e senza il “braccino corto”.

 

Bari, 30 maggio 2024. Dott. Giancarlo Ragone, Presidente Associazione in difesa dei Consumatori UBF.

 

Viaggio nelle Residenze Sanitarie Assistenziali / RSA

Tutto ciò che c’è di fondamentale da sapere e da richiedere ai Responsabili di una RSA per assicurarsi, prima di trasferirvi il Tuo caro, del corretto funzionamento dei servizi, della scelta del personale, del numero minimo degli addetti e degli operatori, e della loro stabilità.

 

 Informazioni funzionali per farsi un’opinione quanto più completa possibile circa le condizioni che assicurano un’idonea qualità della vita degli utenti.

Soprattutto se si tratta di persone non autosufficienti. 

Accanto ad un progressivo definanziamento e smantellamento della sanità pubblica, che ha portato dal 2010 alla perdita di 37 miliardi per il Servizio Sanitario Nazionale, hanno preso campo le progressive privatizzazioni dei servizi, la promozione di sistemi assicurati sostitutivi, introdotti anche nei contratti di lavoro, la partecipazione di spesa da parte degli utenti.

 

Una situazione che sta determinando anche un cambiamento nella terminologia, passando da Servizio Sanitario Nazionale a Sistema Sanitario Nazionale, dove sempre maggior ruolo viene assegnato anche al privato (profit e non) in nome di una sussidiarietà che è privatizzazione tout court, allergica ai controlli, al vincolo pubblico e al pubblico interesse.

 

Nel settore delle cure socio-sanitarie alle persone non autosufficienti, anziani malati o persone con disabilità (ma rientrano nel discorso anche i servizi di cura per le persone con problemi di salute mentale o di dipendenze), le progressive esternalizzazioni dei servizi sanitari e socio-sanitari hanno portato ad un sistema che si regge prevalentemente su strutture private, pur se accreditate con il Servizio Sanitario: il report di Amnesty International del 2020 sulle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e sui decessi avvenuti testimonia che solo il 26% delle RSA sono a gestione diretta pubblica, mentre il 48% sono gestite da operatori privati no-profit (che, in ogni caso, possono fare utile e redistribuirlo per esempio agli amministratori) e il 25% da operatori privati profit.

 

La piaga dei «minutaggi».

 

Cooperative, multinazionali, compagnie assicurative si contendono l’accaparramento di prestazioni sanitarie e assistenziali, vedendo un business su quello che dovrebbe essere un diritto esigibile dei cittadini. Sindacati e associazioni di familiari raccolgono giornalmente le conseguenze delle politiche di esternalizzazione di questi servizi, con il peggioramento della qualità delle cure e delle condizioni di lavoro di chi opera nel settore.

 

L’organizzazione delle RSA è subordinata alle normative regionali di accreditamento: in questo settore esiste una differenziazione su base regionale dei parametri e degli standard, tutti comunque legati alla logica dei «minutaggi» di intervento sull’utente, attribuiti in funzione del fabbisogno del singolo paziente: il numero del personale è stabilito moltiplicando il numero dei minuti indicato nelle varie delibere regionali per il numero dei pazienti presenti e viene anche riadeguato sulle presenze effettive.

 

E’ un sistema che assimila il lavoro con le persone all’organizzazione industriale (tanto tempo per fare un tal pezzo) dove si mira ad ottimizzare la produzione e i tempi: un sistema che ha ben poco a che fare con chi si occupa di persone e non di macchine.

I conteggi non tengono nemmeno conto del fatto che la condizione degli utenti è per definizione dinamica (la condizione dei malati varia) e che negli ultimi anni i bisogni sanitari degli utenti sono enormemente aumentati e che nelle RSA sono ricoverati pazienti sempre più gravi e con molte patologie.

 

Di più. Formalmente, i parametri di presenza di personale e di prestazioni da erogare stabiliti dalle norme regionali sono «minimi». Eppure, è pressoché impossibile che il gestore, che si aggiudica un appalto o un accreditamento, metta a proprio carico interventi aggiuntivi, perché questo significherebbe intaccare il margine di guadagno. In una realtà in cui le «limature» dei gestori per aggiudicarsi un appalto con un’offerta economicamente vantaggiosa, al massimo ribasso, riguardano anche le misure dei biscotti, dello shampoo, l’uso di prodotti per lavaggio a secco in modo da ottimizzare i tempi… prospettare che ci sia spazio per un aumento discrezionale dei livelli minimi è ingannevole.

Il Coordinamento per il diritto alla sanità dei malati cronici non autosuffiicienti, Cdsa, ha a più riprese osservato in merito - anche con sollecitazioni alle istituzioni - che «per rendere dignità ai pazienti e agli operatori occorrono più risorse di quelle attualmente stanziate per i servizi socio-sanitari, il riconoscimento della valenza sanitaria degli interventi (e, quindi, il riconoscimento della convenzione dell’Azienda sanitaria per tutti i malati non autosufficienti), l’abolizione del minutaggio come parametro di dotazione del personale in turno e la garanzia, invece, di un rapporto operatore/paziente che risponda alle esigenze di cura di quest’ultimo e quindi a quelle di lavoro dignitoso». Si tratta di cambiamenti strutturali che devono interessare il Ministero della Salute e, a caduta e per l’applicazione pratica, le Regioni. L’obiettivo è la salvaguardia concreta del diritto - garantito dalla nostra Costituzione - alle cure sanitarie e socio-sanitarie per tutti i malati, considerati degni di ricevere il trattamento complessivo di cui hanno necessità a tutela della loro salute, e non intesi come «vite di scarto». 

 

La giornata tipo.

 

Le istanze per il potenziamento del sistema delle RSA, del loro inserimento a pieno titolo e con assoluta dignità nell’offerta del Servizio Sanitario Nazionale, possono essere un punto di contatto e di alleanza forte tra utenti e lavoratori. A partire dalle condizioni concrete, quotidiane delle RSA, che è bene siano conosciute anche al di fuori dei muri delle strutture. Prendiamo come esempio un’ipotetica RSA con «nuclei» da venti posti letto per descrivere la «giornata tipo» (e rapportatela, poi, ad una RSA che ospita oltre cento utenti). Supponiamo di avere, in un nucleo, diciassette utenti in carrozzina, tutti portatori di presidio assorbente (pannolone), dieci dei quali parzialmente autosufficienti, sette non autosufficienti totali con necessità di aiuto anche per l’alimentazione, un deambulante bisognoso di supervisione costante, causa cammino instabile e due deambulanti autonomi. I pazienti soffrono di patologie quali diabete, cardiopatie, demenze ecc, hanno perciò diverse esigenze assistenziali e sanitarie, le Rsa virtuose arrivano ad avere per nuclei così composti, tre operatori in servizio, per i turni diurni.

 

Catena di montaggio.

 

Sempre all’interno della perversa logica del minutaggio, in alcune regioni il numero degli operatori Oss spesso diminuisce ancora rispetto a quanto descritto, in favore di figure professionali altrettanto importanti. In altre, almeno, il conteggio dei minuti è diviso per figura professionale, anche se poco cambia nel computo complessivo della presenza di operatori. Le Rsa possono quindi essere dotate di altro personale. L’«infermiere», che si divide fra diversi nuclei e in genere ha la responsabilità di 40/60 pazienti con presenza non costante all’interno del nucleo che comporta tempi di attesa a volte anche lunghi; l’«educatore», la cui presenza è prevista nelle ore diurne e fra i suoi compiti ha quello di proporre attività di socializzazione e di mantenimento del contatto con i familiari anche attraverso telefonate, in tutti quei casi di lontananza e impossibilità, da parte del paziente, a farlo in autonomia; il «fisioterapista», suddivide le prestazioni in diversi reparti all’interno della struttura e la presenza nel nucleo si riduce a circa un’ora a giorni alterni, che diviso venti utenti fa 3 minuti a testa!; il «medico di medicina generale» dei pazienti (o altro medico di struttura) che occasionalmente visita i malati, qui gli standard regionali variano molto, anche a seconda degli accordi stipulati fra rappresentanze sindacali dei Medici di base e Regioni.

 

Appare chiaro ed evidente che in quest’organizzazione non c’è spazio, per gli operatori Oss come per gli altri professionisti, per la personalizzazione dell’assistenza e ogni imprevisto (un paziente che non sta bene, oppure oppositivo, le malattie del personale, assenze a vario titolo, ferie) diventa un’emergenza difficile da gestire senza sacrificare ulteriore spazio e tempo ai pazienti.

 

Capita spesso che in servizio si trovino solo due operatori. È altrettanto evidente che in questa giornata tipo non c’è tempo per la relazione umana tra operatore e anziano, il quale non vive affatto in una situazione familiare e tanto meno ha la possibilità di godere di attenzioni che non siano solo legate a igiene e alimentazione, la vita quotidiana si svolge in un susseguirsi di operazioni che giorno dopo giorno assomigliano a una catena di montaggio.

 

 

L’organizzazione del lavoro siffatta mette a rischio ogni giorno la salute dei lavoratori, le operazioni routinarie che comportano usuranti sforzi fisici e l’innalzamento dell’età pensionabile sono fattori che vedono aumentare le patologie a carico dell’apparato muscolo scheletrico, gli ausili come sollevatori, letti elettrici non sono sufficienti a garantire e prevenire infortuni e malattie professionali, non è da sottovalutare infine la sindrome da burnout, patologia diffusa riconducibile anche alle frustranti condizioni di lavoro.

LA GIORNATA TIPO IN RSA

 

Ore 7 La giornata inizia con il passaggio delle consegne tra i lavoratori Oss, momento molto importante per l’organizzazione del turno, in cui ci si scambiano informazioni su quali pazienti hanno in programma visite specialistiche con preparazioni particolari e/o esigenze specifiche per la giornata, monitoraggio diuresi e scariche.

 

ORE 7,20 Colazione a letto, per via delle tempistiche non è possibile garantire agli utenti di fare colazione «puliti».

 

Ore 8 Igiene della persona, si svolge prevalentemente a letto attraverso spugnature, in questa struttura si usa acqua e sapone, (non è scontato, in molte strutture si usano schiume a secco) operazione che impegna gli operatori in coppia, allo scopo di garantire la sicurezza del paziente e del lavoratore, l’operatore singolo si occupa dei pazienti deambulanti.

 

Ore 10,40 Calcolando una media di nove minuti a testa, gli operatori concludono il giro igiene, ma con pazienti totalmente non collaboranti e rigidi, il tempo occorrente aumenta, abbiamo anche due anziani che devono essere medicati a causa di piaghe da decubito, perciò bisogna attendere l’arrivo dell’infermiere, un paziente è particolarmente oppositivo e richiede più tempo. Va evidenziato che, mentre gli operatori Oss sono intenti nell’igiene, gli altri utenti sono lasciati a loro stessi, nelle loro stanze. Il programma prevede inoltre che ogni paziente faccia una volta a settimana il bagno/doccia, perciò, le tempistiche si dilatano giacché occorre andare nel bagno assistito.

Questa prestazione non è effettuata in caso di emergenze, come le assenze del personale o imprevisti riguardanti interventi assistenziali.

 

Ore 11 Arriva la «gabbia» della biancheria piana (carrello alto inviato dalla lavanderia) si esce dal nucleo si ritira e smista in modo da procedere al rifacimento letti che, date le spugnature, son tutti da rifare completamente.

 

Ore 11,40 Si apparecchiano i tavoli, si sbuccia la frutta tenendo conto delle diverse esigenze, frullata, a pezzi ecc.

 

Ore 12 Arriva il carrello del pranzo, si esce si ritira, s’inizia l’impiattamento e la distribuzione del pasto, si segue chi ha necessità di essere imboccato, s’iniziano le operazioni di lavaggio stoviglie.

 

Ore 13 Si esegue il cambio dei presidi assorbenti, messa a letto dei pazienti che fanno il riposo pomeridiano e accompagnamento in bagno dei deambulanti, il lavaggio dei denti è a carico dell’educatore (uno per tutto il nucleo, spesso condiviso con altri nuclei), gli operatori Oss non ne hanno il tempo.

 

Ore 13,45 Stesura della consegna. In questa organizzazione del lavoro non è prevista pausa pranzo e gli operatori, in base alle esigenze della giornata hanno a disposizione dieci minuti per ristorarsi ed andare in bagno.

 

Ore 14 Passaggio delle consegne con gli operatori Oss del turno pomeridiano.

 

Ore 14,20 A giorni alterni ritiro e smistamento biancheria personale (le famose «gabbie» dalla lavanderia); se c’è tempo, pulizie di fino di armadi comodini o cambi di stagione.

 

Ore 15 Si alzano i pazienti che erano a letto per il riposino e si fa merenda.

 

Ore 16,15 Inizia la messa a letto dei pazienti che non hanno fatto il riposo pomeridiano e sono stanchi, contestuale cambio presidio assorbente, l’operatore singolo si occupa del lavaggio stoviglie, preparazione frutta e supervisione/custodia dei pazienti.

 

Ore 17,45 Preparazione tavoli per la cena e cena. Chi ha bisogno per essere imboccato o aiutato, attende il suo turno.

 

Ore 19 Sistemazione cucina e lavaggio stoviglie; subito dopo, messa a letto dei pazienti restanti e cambio presidi assorbenti a tutti.

 

Ore 20,45 Stesura consegna, anche in questo turno non è prevista la pausa e se è possibile, ci si può “staccare” dieci minuti.

 

 

Ore 21 Passaggio consegne con operatore notturno. Il rapporto è un operatore a quaranta utenti; per il «nucleo» in questione, un operatore Oss che «copre» anche un altro nucleo. L’operatore notturno è solo, ha l’obbligo di effettuare controlli ogni due ore, risponde alle chiamate dei pazienti ed esegue cambi posture e presidi assorbenti al bisogno. Se ci sono emergenze sanitarie chiama l’infermiere.

 

 

Quale lavoro nelle RSA?

 

Non solo il numero degli operatori ma anche la qualità delle figure professionali presenti in RSA è tema critico, perché la dotazione «standard» fotografata nella RSA «tipo» di cui sopra, in molti casi è carente di una o più figure: in diverse Regioni, non è previsto un medico nella struttura, può mancare l’infermiere di notte, fisioterapia e animazione sono ridotte ai minimi termini, non è previsto il terapista occupazionale, il logopedista…

 

Per il personale delle RSA esiste anche un problema contrattuale, in quanto a parità di titoli e mansioni gli operatori delle strutture esternalizzate guadagnano circa il 30% in meno dei loro colleghi del servizio pubblico e sono inquadrati in una dozzina di contratti diversi, alcuni definiti contratti «pirata». Una situazione che determina una «fuga» dal settore socio sanitario appaltato verso il servizio pubblico , che , pur lavorando in condizioni difficili e con grossi carichi di lavoro, offre stipendi migliori e maggiori garanzie.

 

La difficoltà di reperire personale e la fuga dello stesso, fa sì che spesso le strutture usufruiscano di deroghe sulle qualifiche del personale, cioè siano autorizzate all’uso di personale sottoqualificato rispetto alle esigenze dei ricoverati e agli stessi standard regionali, per esempio con personale con mansioni alberghiere al posto di operatori socio-sanitari.

 

La penalizzazione di chi lavora nei servizi esternalizzati non riguarda solo la parte economica ma anche la parte contrattualistica più in generale: orario di lavoro, congedi e permessi, pagamento della maternità, part time talvolta involontario, formazione e aggiornamento non garantito. Ad ogni cambio appalto si ripropone una nuova assunzione, spesso con il ricatto di diventare anche

soci delle Cooperative e ripagare ogni volta la quota sociale. Il meccanismo degli appalti ha messo in evidenza, ancora di più con la gestione del Covid-19, le sue criticità: le strutture sono gestite da Cooperative o da soggetti privati, a cui spetta attuare le misure di protezione e sorveglianza sanitaria sia per i lavoratori, sia per i ricoverati e lamentano, spesso scaricando sugli utenti, la spesa aggiuntiva di queste misure non previste nel contratto di appalto o convenzione. Inoltre, ne privato l’aumento dell’età pensionabile fa sì che ci sia un invecchiamento dell’età media delle lavoratrici Oss delle strutture socio-sanitarie che si associa alle mancate esenzioni per un lavoro gravoso, in presenza di patologie professionali, pur difficilmente riconosciute: sono ricorrenti patologie croniche alle articolazioni delle spalle, ai polsi, alla schiena…

 

Ritornare alla gestione diretta.

 

 

Lo squilibrio tra gestione privata - seppur in accreditamento - e pubblica diretta è tale che andrebbero studiate strategie per la reinternalizzazione che diano garanzie agli operatori attualmente in servizio e agli utenti delle strutture stesse in termini di servizio e di confronto del servizio e della gestione con le altre strutture, affidate a operatori privati. Occorre, però, che questi processi siano proposti con criterio. Per esempio, il trasferimento tout-court alla gestione pubblica delle RSA incorporando il sistema dei Drg (Diagnosis Related Groups) finirebbe per essere un rimedio di facciata, senza effetti positivi sulle spinte privatistiche al profitto fatto con la diminuzione del servizio. È un dato di fatto, oggi, che anche i lavoratori del Servizio Sanitario pubblico sono vittime nella logica privatistica.

 

Il Pnrr.

 

 

Nessuna delle misure previste dal Piano di ripresa e resilienza per le cure territoriali residenziali affronta la necessità di aumentare sia quantitativamente che qualitativamente il personale di cura nelle RSA.

 

Le risorse sono destinate a tecnologie, telemedicina, riorganizzazione delle strutture che non pare tenere conto dell’effettiva condizione dei malati (è il caso delle ristrutturazioni di RSA in residenze condivise di anziani!), ma non incidono mai sul riconoscimento e la tutela del diritto alle cure universalistiche dei malati non autosufficienti e al lavoro dignitoso degli operatori, due facce della stessa medaglia.

 

Per ulteriori eventuali chiarimenti oppure per segnalazioni e reclami circa l'organizzazione di una RSA, contattate lo Sportello Assistenza Socio Sanitaria dell' UBF al numero di telefono: 080.5234543.   

 

 

(Il presente "Viaggio nelle RSA" è stato redatto sulla base degli interventi di Enrica Gabelli, operatrice in residenza sanitaria disabili ed anziani Rsd/Rsa, operatrice sindacale Cub Sanità Milano e componente del Conpal, Coordinamento nazionale parenti associazioni lavoratori, e Paola Sabatini, segretaria nazionale Cub sanità, al convegno “Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) per le persone anziane malate croniche non autosufficienti nel Servizio Sanitario Nazionale”, Milano, 17 novembre 2023).

 

BONUS BADANTI 2024

Il Bonus Badanti 2024 prevede l’esonero al 100% dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro domestico.

Questa misura supporta le famiglie e le persone che si trovano in una situazione di fragilità fisica e difficoltà economica e, al contempo, favorisce l’emersione in un comparto produttivo, quello del lavoro domestico, che rappresenta sempre più una realtà importante per l’economia del nostro Paese.

Il Bonus Badanti può essere richiesto da chi:

abbia più di 80 anni voglia istaurare o abbia già in essere, un contratto di lavoro domestico con una badante;

abbia un Isee non superiore a 6mila euro l’anno;

abbia un’invalidità riconosciuta dall’Inps;

sia percettore di un’indennità di accompagnamento.

Coloro i quali si trovino in una delle seguenti condizioni possono ottenere il Bonus che consiste fondamentalmente nell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali sia Inps che Inail a carico del datore di lavoro domestico senza che questa decontribuzione, logicamente, incida negativamente sul montante contributivo del lavoratore stesso.

La misura non può essere utilizzata per l'assunzione di parenti o affini, salvo i casi in cui non ci si trovi in presenza di assistenza a soggetti anziani invalidi e ciechi.

L’importo massimo previsto per l’esonero dei contributi previdenziali a carico del datore è di 3mila euro per un totale di 24 mesi ed è adeguato alle tabelle del Ccnl del lavoro domestico.

Per richiederlo ci sarà tempo sino al 31 dicembre 2025 e la misura è stata finanziata con 137 milioni di euro spendibili dal 2024 al 2028, attingendo dai fondi stanziati per il programma del Pnrr “Giovani, donne e lavoro 2021-2027”.

Inizialmente la data di avvio per richiedere il Bonus era stata stabilita per il 1 aprile, ma a tutt’oggi  l’Inps non ha ancora comunicato la data di partenza.

In ogni caso è utile già richiedere ad un Caf l’ISEE dell’interessato al Bonus, badando bene che la richiesta riguardi:

-l’ISEE socio sanitario, per le persone con disabilità o non autosufficienti allo scopo di richiedere l’assistenza domiciliare.

È possibile utilizzarlo anche per le richieste di ospitalità alberghiera, in strutture apposite, da parte di chi non può essere assistito a domicilio. Le persone in questione (per esempio, maggiorenni non sposati, senza figli e che vivono con i propri genitori), possono utilizzare questo speciale ISEE per dichiarare solo la propria situazione economica, escludendo dal computo quella del resto della famiglia.

-l’ISEE socio sanitario residenze.

Con questo documento, una persona anziana, disabile o non autosufficiente può richiedere il ricovero in una RSA o RSSA. La differenza rispetto a quello socio sanitario è nei parametri di calcolo: in questo tipo di ISEE viene inclusa una quota aggiuntiva, basata sulla situazione economica di ogni figlio del beneficiario non appartenente al nucleo familiare. Lo scopo è quello di avvantaggiare – a parità di condizione economica – le persone che non hanno figli in grado di dar loro un aiuto.

Se volete provare sul campo come funziona l’Isee, oppure conoscere fin da oggi il valore del vostro indicatore negli anni a venire, potete consultare il simulatore Isee dell’INPS. Il sito dell’INPS mette infatti a disposizione un simulatore per calcolare il proprio ISEE familiare, sia ordinario che specifico. Non costituisce una attestazione ISEE valida, va sottolineato, ma è molto utile per farsi un’idea del proprio indicatore.

Per eventuale richiesta di assistenza per il Bonus Badanti, l’Associazione UBF resta a disposizione degli interessati previo contatto telefonico al numero di rete fissa: 080.5234543.

 

 

 

Lo Sportello "Aiuto Assistenza Socio - Sanitaria".


Stato dell’ arte della popolazione anziana e prospettive della longevità.

Gli anziani che in Italia il 1° gennaio 2020 hanno compiuto i 75 anni d’età, sono oltre 7 milioni, cioè pari all’11,7  per cento della popolazione; in questa fascia d’età, le donne sono circa il 60 per cento.

Gli ottantenni, invece, sono oltre 4 milioni e 300 mila, mentre si attestano intorno alle 775 mila unità, le persone che hanno compiuto 90 anni.

Anche in queste due ultime fasce della popolazione, le donne sono la maggioranza: tra gli ottantenni sono il 63 per cento, mentre tra i novantenni arrivano al 73 per cento.

C’è anche chi ha raggiunto l’invidiabile traguardo delle 100 candeline, ovvero oltre 14.500 persone di cui l’84 per cento di esse sono donne, mentre sono più di 1.100 i super centenari, cioè coloro che sono arrivati almeno a 105 anni.

Neanche a dirlo, fra di essi le donne sono l’87 per cento.

Questi dati, dunque, forniti dall’Istat, confermano inoltre che per 100 giovani di età compresa tra zero e 14 anni ci sono oltre 170 persone che superano i 65 anni.

Il 44,5 per cento degli over 75 vive in coppia, ma chi trascorre la terza età da sola è in prevalenza donna  ( il 49,2 per cento contro il 21,7 per cento degli uomini ), e se si superano gli 80 anni si arriva al 55,4 per cento.

La solitudine si fa sentire di più in chi abita nelle grandi aree metropolitane, ma c’è un aspetto positivo: il 60 per cento degli anziani abita nello stesso Comune dei figli e il 56,4 per cento di loro li vede giornalmente.   

Dunque la popolazione invecchia sempre di più, ma diminuisce nei numeri.

Nel 2050 saremo due milioni e mezzo in meno, mentre si assisterà a un exploit degli over 65.

 

Sin qui, la rappresentazione dei dati sulla longevità in Italia, e la fotografia delle sue prospettive così come vorremmo che fosse per noi, per i nostri cari e per tutti.

" la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e che non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità.".

Così sostiene l'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Il problema, purtroppo, è che le malattie e le infermità nel tempo intervengono eccome..; e restando sui dati di questa ricerca dell’Istat, nei prossimi cinquanta anni le generazioni più a rischio di non autosufficienza passeranno da un quinto a un terzo della popolazione e, già nel 2030, gli anziani disabili da assistere toccheranno la vetta dei 5 milioni, distribuiti nelle varie regioni del nostro Paese.  

Partiamo, allora, da un altro dato obiettivo quanto dolorosamente critico, che riguarda la condizione attuale italiana nella quale versano gli anziani ed in particolare malati / persone con grave disabilità non autosufficenti (bambini, adulti, stessi anziani).

Le persone non autosufficienti, e quindi spesso non in grado di poter esprimere le proprie quotidiane esigenze fondamentali: caldo, freddo, fame, sete, percezione dei dolori, risposta alle terapie, ecc., nella stragrande maggioranza, restano a tutt’oggi prevalentemente ad esclusivo carico dei propri (amorevoli) familiari, i quali non senza gravosi sacrifici, morali e materiali, si assumono la diretta responsabilità per la migliore continuità di vita, di cure e di assistenza - in più casi domiciliari - dei propri cari.       

Gli interventi necessari - soprattutto domiciliari - mirati alla cura e alla tutela negli atti della vita quotidiana dei malati (e, prevedibilmente, delle persone con grave disabilità) non autosufficienti sono, sino a questo momento, compito delle sole famiglie.

Ma le famiglie che hanno in carico gli anziani, e particolarmente malati cronici / persone con grave disabilità non autosufficienti - bambini, adulti, stessi anziani - non possono svolgere da sole tale arduo compito: non bastano, infatti, i buoni sentimenti e la buona volontà.

Queste famiglie devono essere adeguatamente supportate e concretamente sostenute dalle Istituzioni pubbliche, in specie dal Servizio Sanitario Nazionale, acchè possano organizzarsi il meglio possibile all’interno del proprio nucleo per una migliore qualità della vita - anche per sé stesse, impegnate non senza difficoltà in un ruolo di supplenza socio assistenziale per il diritto alla salute dei propri congiunti - e per una efficace organizzazione delle necessarie cure da rivolgere ai propri cari.

E ciò tenuto conto anche della situazione di disagio dovuta dall'impoverimento economico progressivo nel quale vengono a trovarsi sempre più numerose famiglie, sia abbienti che meno abbienti. 

Infatti, non tutte le famiglie, laddove l’aiuto di queste famiglie volenterose si rivela insufficiente a garantire ai propri cari un’adeguata assistenza continuativa e di cura a domicilio, sono in condizione di poter divenire datori di lavoro ovvero di sostenere, soprattutto a lungo termine, i costi di quei lavoratori più comunemente chiamati badanti, ai quali le famiglie ricorrono - non senza difficoltà d’individuazione - allorquando i propri congiunti iniziano a non essere più in grado di compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita.

Si tenga conto che, in Italia, sono oltre 860mila tali lavoratori in regola, mentre oltre un milione, invece, sono stimati i lavoratori irregolari ovvero in nero, che svolgono il lavoro - in più casi improvvisato e non qualificato - di badanti.

Di questi lavoratori, il 90% è composto da donne e al momento - anche se il numero di Italiani è in costante aumento - il 70% di tali lavoratori è costituito da stranieri.

Le Istituzioni promuovono tanto la domiciliarità per mantenere le persone fragili inserite nel proprio contesto familiare e sociale ma, in concreto, tali nuclei familiari sono lasciati completamente soli nell’affrontare quotidianamente - e per anni ovvero finchè possono - la gestione e l’amministrazione assolutamente onerose e impegnative di una non facile organizzazione tutta da costruire e da monitorare, rivolta alla migliore qualità della vita e della sopravvivenza dei propri cari.   

 

Ed allorquando - come avviene nel tempo nella stragrande maggioranza dei casi - il fabbisogno professionale necessario per la migliore cura ed assistenza domiciliare dei propri cari si complica o entra in crisi nonostante l’assunzione di una o più apprezzabili badanti - che in certi casi si ha la fortuna di riuscire ad ingaggiare - quante sono le famiglie che, altrettanto, da sole (ovvero sostenute - se e quando - da un modestissimo “assegno di accompagnamento”) hanno le possibilità economiche di ricoverare /trasferire i propri congiunti non autosufficienti, con disabilità grave e intellettiva, in una Residenza Sanitaria Assistita ( RSA)?

Il nostro Sportello “Aiuto Assistenza Socio - Sanitaria“.

per il diritto alla salute e alla cura delle Persone e degli Anziani non autosufficienti, 

e per difendersi dalle inadempienze e dagli abusi della burocrazia socio - sanitaria.

Di fronte ai problemi esposti, quale è la posizione reale delle Istituzioni pubbliche e private preposte e competenti? Quali sono? Come e quando intervengono? Quali strumenti concreti mettono a disposizione tali Istituzioni, in particolare il Comune, la Regione, l’ASL, l’INPS per poter difendere e tutelare le esigenze personali e familiari e quelle delle persone in difficoltà e che non sono in grado di autodifendersi (bambini in situazioni di abbandono, handicappati intellettivi con nulla o limitata autonomia, malati psichici gravi, adulti e anziani cronici non autosufficienti, malati di Alzheimer e soggetti colpiti da altre forme di demenza senile)? 

 

Le famiglie, fintanto che non sono direttamente investite da tali problemi, ne ignorano gli aspetti fondamentali, ed in una situazione come quella italiana, piena di formalismi la cui osservanza è spesso determinante per ottenere il rispetto dei propri diritti, è invece indispensabile saper distinguere fra aspetti sostanziali e questioni procedurali, anch’esse importanti per ottenere la piena soddisfazione dei propri interessi.

E’ necessario, dunque, sapere quali sono i propri diritti - e pure i propri doveri - avendo presente un serio ed onesto quadro di riferimento per la propria vita individuale, familiare e sociale. 

Per poter difendere le esigenze personali e quelle delle persone in difficoltà, è indispensabile, altresì, di essere in grado di valutare obiettivamente i contenuti di una legge, di un regolamento, di una circolare, di una deliberazione.

Accettare che il proprio genitore (o altro familiare) sia dimesso dall’ospedale nonostante le sue critiche condizioni di salute; versare per anni migliaia di euro al mese per il ricovero assistenziale di un proprio congiunto. Sono questi due gli esempi di violazione di diritti tra i più diffusi, a cui si può porre rimedio attraverso la conoscenza dei propri e degli altrui diritti che è anche necessaria per evitare di pagare all’avvocato una parcella di qualche migliaio di euro, così come avviene in quei casi di richiesta di interdizione di un familiare, incapace di tutelare i propri interessi morali e materiali.

Certamente, le persone con consistenti mezzi economici, possono anche ignorare la cultura dei diritti essendo in grado di far fronte alle inadempienze degli enti pubblici con i loro redditi e beni.

Gli altri cittadini, invece, non hanno le risorse per supplire alla negazione dei diritti: si pensi, ad esempio, al costo proibitivo giornaliero per la stragrande maggioranza delle famiglie della degenza in una casa di cura privata (RSA) conseguente alla dimissione illegale da parte dell’ospedale del Servizio Sanitario Nazionale di un congiunto anziano colpito da malattia cronica così grave da determinare anche una totale dipendenza da terze persone.

A questo punto si può capire l’importanza di dedicare un po’ di tempo - non molto per la verità - per conoscere i propri diritti e gli strumenti per ottenerne la concreta attuazione.      

Sapere quali sono le prestazioni dovute ai cittadini, in particolare a coloro che non sono in grado di autodifendersi diviene così una condizione assolutamente necessaria per ottenere il rispetto delle esigenze fondamentali della fascia particolarmente più debole della popolazione.

Peraltro, districarsi nella foresta delle vigenti disposizioni di legge, orientarsi nell’intrico delle istituzioni pubbliche e private, accertarne la loro reale competenza a intervenire non è facile nemmeno per gli addetti ai lavori.

Ma non si tratta - come è ovvio - di conoscere tutti numerosi problemi: è sufficiente adottare un metodo che consenta, se necessario con l’aiuto di esperti (mai però con una delega in bianco), di aver presenti gli aspetti fondamentali dei problemi e di acquisire gli elementi occorrenti per muoversi in modo corretto e tempestivo. 

L’UBF, l’Associazione in difesa dei diritti dei consumatori che opera a Bari da oltre venti anni, per queste e tante altre ragioni avanzate da numerose famiglie investite da questi problemi, ha istituito un apposito servizio di tempestiva ed esauriente consulenza nonché di pronta assistenza rivolta a terzi (persone, enti pubblici e privati )presso la propria sede in Via Sparano 82, tel.080.523.45.43 : Lo Sportello “Aiuto Assistenza Socio - Sanitaria“.

Uno Sportello di orientamento, di informazione, di solidarietà, di ascolto, dedicato al diritto alla salute e alla cura delle Persone e degli Anziani non autosufficienti, che opererà quotidianamente per raccogliere le  segnalazioni di eventuali disservizi, ritardi e mancate risposte patiti dagli utenti e dalle famiglie: in sostanza per difendere tutti i cittadini investiti da tali problematiche dalle eventuali inadempienze e abusi posti in essere dalla burocrazia socio - sanitaria.

 

In tali casi, l’UBF interverrà prontamente acchè i competenti organi vi pongano rimedio.

Lo Sportello “Aiuto Assistenza Socio - Sanitaria“ di UBF, inoltre, promuoverà proposte concrete che rispondano il più compiutamente possibile alle esigenze dei cittadini, dei nuclei familiari, della comunità sociale, e assumerà la difesa - che a volte deve essere esercitata presso l’autorità giudiziaria civile e penale - dei singoli individui a cui sono stati negati o violati i diritti.

Una difesa che acquisterà una notevole importanza perché sono in gioco tanti diritti e molti  ancora da conquistare. Ed anche perché tale difesa consentirà di conoscere a fondo la posizione e la responsabilità reale delle Istituzioni intorno a questo fondamentale, quanto delicato e complesso, settore sociale.